L’abbazia di San Galgano è considerata tra le più belle abbazie cistercensi d’Italia. Se vi trovate a passeggiare tra le campagne delle provincia senese, fare tappa qui è praticamente d’obbligo. L’abbazia si trova nel comune di Chiusdino, a circa 40 km da Siena. L’intero sito è composto da due parti: l’eremo, chiamato anche “Rotonda di Montesiepi” e l’abbazia vera e propria.
Il luogo è veramente disperso nella campagna Toscana: famoso è il concerto che fece qui la Premiata Forneria Marconi nell’estate del 2017. La cornice è bellissima, quasi magica: visitare l’abbazia di San Galgano è come fare un viaggio nel tempo, in qualche angolo remoto del passato, magico e incantevole.
– Scoprire l’abbazia di San Galgano
– La spada nella roccia
– Visitare Chiusdino
Dopo aver lasciato la macchina ci incamminiamo curiosi verso l’abbazia di San Galgano, attraverso il lungo viale di cipressi. Man mano che ci avviciniamo scattiamo qualche foto. Questa costruzione imponente e misteriosa si fa sempre più viva davanti a noi che siamo impazienti di “assaporarla” in tutta la sua magnificenza. Davanti l’entrata, i resti di quello che probabilmente un tempo era il chiostro dell’abbazia e una pietra con su scritto “Questo è l’angolo più bello del mondo“.
Entriamo in uno stanzone il cui soffitto è costituito da arcate a 4 volte che si incrociano, in tipico stile tardo medioevale. I lavori dell’abbazia di San Galgano vengono iniziati nel 1218, per mano dei monaci Cistercensi aiutati dalle donazioni di molti nobili senesi. La chiesa viene definitivamente consacrata nel 1288. L’abbazia fu costruita dai monaci venuti da Casamari, nel Frosinate, dove avevano già eretto una costruzione pressoché uguale tuttora esistente e visitabile: la famosa abbazia di Casamari.
Usciti dallo stanzone d’ingresso, percorriamo un viottolo esterno ed entriamo nell’abbazia vera e propria. Uno spettacolo surreale si fa vivo davanti ai nostri occhi. L’abbazia è molto grande, lunga quasi come un campo di calcio. La cosa che risalta subito all’occhio è la mancanza del tetto: verso la metà del 1300 l’abbazia di San Galgano ebbe un periodo abbastanza nefasto: la carestia e la peste prima, i saccheggi da parte delle compagnie di ventura dopo, portarono i monaci che risiedevano lì a fuggire. Nel 1500 la proprietà passò nelle mani di un abate commendatario, il quale portò l’abbazia alla più totale decadenza: egli vendette la parte in piombo del tetto dell’intera chiesa. Proprio questo particolare rende lo scenario così fuori dal comune, solo il cielo a far da soffitto, più unico che raro.
L’intera abbazia di San Galgano mi ricorda vagamente atmosfere gotiche tipicamente inglesi, di remoti paesaggi e antiche costruzioni scozzesi, ma siamo nel cuore della nostra meravigliosa Penisola. Io che ho visitato anche il sito di Casamari mi accorgo con stupore che le due abbazie sono praticamente identiche. Scattiamo tante foto, le nostre macchinette sempre al seguito, utilizziamo perfino la cara e vecchia Pentax analogica. Siamo estasiati, sorpresi, storditi dall’atipicità del luogo, ma felici di star lì, nonostante il freddo tagliente di una domenica toscana tardo autunnale.
Usciti dall’abbazia di San Galgano, sul retro, riusciamo a scorgere meglio l’imponenza della costruzione da un verde prato adiacente. Da lì inizia un sentiero, che si inoltra in salita fra i boschi, che sembra invitare il viandante a percorrerlo. Così facciamo e dopo circa un quarto d’ora arriviamo sulla cima di una collinetta dove scorgiamo un’altra antica costruzione monastica: si tratta dell’Eremo di Montesiepi. Entriamo dentro a quello che sembra un piccolo tempio.
Ci ritroviamo sotto una cupola romanica ad anelli in pietra alternati, marroni e bianchi, costruita con materiali poveri. In fondo si trova un piccolo altare, a terra invece una specie di nicchia con una protezione in plastica trasparente. Lì dentro, davanti a noi, la famosa Spada nella roccia, sul punto più alto della collina, dove secondo la tradizione San Galgano depose le armi conficcando la sua lama nella pietra. La spada è molto semplice, un’arma povera, di un grigio scuro appassito, ma la sua visione rende l’atmosfera enigmatica e affascinante, facendo trasalire pensieri che volano fra passati ormai remoti e spirituali.
Accanto alla cappella un piccolo ambiente per souvenir, gestito da una coppia di signori molto in là con gli anni, quasi fermi come il tempo, che lì sembra immobile da secoli.
Poco lontano dall’area dell’abbazia, a circa 9 km, si trova il piccolo borgo di Chiusdino che ha dato i natali proprio a San Galgano. Dopo aver fatto un giretto fra le tipiche e suggestive viuzze del paese, con una certa fame, ci fermiamo per il pranzo a “La grotta di Tiburzi”. Si tratta di una minuscola locanda semi nascosta. Ci è stata consigliata da un signore del luogo. Veniamo accolti da una ragazza molto gentile: dopo qualche minuto ci apparecchiano un tavolo in un ambiente piccolo ma molto curato, intimo, ricavato in una vecchia cantina, forse dispensa. Il cibo è ottimo, in particolare i Testaroli cacio e pepe, un piatto tipico della Lunigiana. Rapporto qualità/prezzo decisamente buono. Di seguito le informazioni per raggiungere il locale:
Come arrivare:
Dopo il pranzo dedichiamo una mezz’ora alla visita al piccolo museo del paese, poi facciamo un giro per il borgo, un piccolo gioiellino incastonato nella campagna Toscana, fra la Maremma e le colline del Chianti. L’atmosfera sa di magico, non vorremmo più andar via da quel luogo ma purtroppo ci tocca riprendere la via di casa, verso la frenesia quotidiana del ventunesimo secolo.
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